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L'Oliva Bianca, varietà misconosciuta di olivo della Campania

oliva

Una delle tematiche ambientali più attuali e fortemente collegate anche alla nostra sopravvivenza come specie vivente, è la riduzione della biodiversità vegetale oltre che animale che sta rendendo il nostro Pianeta sempre più a rischio di cataclismi biologici. Questo studio trasversale che vede coinvolti il Dipartimento di Agraria con i professori Claudio Di Vaio e Raffaele Romano e il Laboratorio di Chimica degli Alimenti del Dipartimento di Farmacia diretto dal professore Alberto Ritieni, ha voluto, laddove fosse ancora necessario, dimostrare quanto il territorio campano fosse un'immensa riserva di biodiversità e di composti salutistici. In questo caso, ad essere oggetto dello studio, è l'olivicoltura, che grazie alle condizioni pedo-climatiche del nostro territorio e al suo patrimonio varietale dimostra ricchezza e qualità dei suoi oli d'oliva che si caratterizzano per spiccate proprietà organolettiche e sensoriali. Lo studio è stato realizzato con un finanziamento regionale che ha come scopo la conservazione e la valorizzazione delle RVG autoctone (Risorse Genetiche Vegetali - Progetto DICOVALE).

L'elevata variabilità della olivicoltura campana è confermata dalle numerose varietà autoctone coltivate, ciascuna caratterizzata da un proprio profilo aromatico e fenolico. Fra le varietà minori da valorizzare si è scelto di valutare la varietà salernitana nota come 'Oliva Bianca' che è presente nell'ambito dell'areale del Parco del Cilento e Vallo di Diano. Il suo nome deriva dal particolare colore bianco dei frutti al momento dell'invaiatura, prima della comparsa del classico colore viola che conosciamo bene.

Le caratterizzazioni chimico-fisiche eseguite hanno evidenziato degli interessanti aspetti qualitativi fra cui le dimensioni considerevoli della drupa (in media 4.3 g) ed un elevato contenuto in olio (in media il 18.6%) che permettono di utilizzare l''Oliva Bianca' sia per la produzione di olio extravergine di oliva (EVOO) che per il loro consumo come olive da mensa.

L'EVOO prodotto presenta un alto contenuto di acido oleico (74.8%) e soprattutto un ottimo contenuto di polifenoli totali (648.9 mg/kg). Questi composti hanno un ruolo chiave nel rallentare l'invecchiamento cellulare e nel contrastare la formazione dei radicali liberi soprattutto a carico dei lipidi ematici e la loro quantità espressa come valore di polifenoli totali se superiore a 300 mg/kg permette di parlare di 'alimento funzionale convenzionale'. Questo lo sottolinea l'EFSA come claim salutistico e nel caso dell'EVOO, ottenuto a partire dall'Oliva Bianca si parla di oltre il 200% in più di queste molecole funzionali e nutraceutiche.

L'aspetto ancora più interessante associato a questa varietà è la presenza, tra i polifenoli, di circa 255,2 mg/kg di oleocantale (p-HPEA-EDA), una concentrazione di gran lunga superiore alla media riportata in letteratura per gli EVOO analizzati. Questo composto presenta una notevole attività antiossidante ed una chiara e dimostrata azione antinfiammatoria molto simile a quella del noto principio terapeutico ibuprofene. L'azione dell'oleocantale, alla pari degli antiinfiammatori non steroidei (FANS), porta benefici e contrasta, come detto, i processi infiammatori cronici, riduce il rischio di patologie degenerative e neurodegenerative inoltre possiede un'attività antiaggregante piastrinica molto interessante e attuale quanto non mai.

I dati presenti in letteratura indicano che bastano cirica 4 cucchiai da minestra al giorno di un EVOO ricco di oleocantale, per introdurre una quantità equivalente di circa 125 mg di ibuprofene e, naturalmente, gli effetti collaterali sono molto meno impattanti sulla nostra salute.

L'EVOO ottenuto dall'Oliva Bianca si è caratterizzato per possedere un profilo aromatico dominato da un alto contenuto di trans-2-esenale (72.3%) il che gli conferisce un gusto di fruttato verde, piccante, amaro, di mela, di mandorla e di erba tagliata.

Lo studio di caratterizzazione della varietà 'Oliva bianca' è stato appena pubblicato sulla rivista Plants (Plants 2021, 10, 1119), e rappresenta un punto di partenza per la caratterizzazione delle risorse genetiche minori dell'olivo in Campania, consentendo così di valorizzare anche altre varietà poco conosciute per i loro aspetti salutistici e nutraceutici per cui in futuro si prevedono ulteriori studi per caratterizzare ulteriori cultivar autoctone di olivo della Campania e tutto ciò per influenzare positivamente il tessuto produttivo del territorio campano.


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